I morti ci guardano: il 900 raccontato da Milosz.
Centosessanta gruppi di righe ognuno dei quali e’ riferito ad un tema ed i temi sono di svariata natura: personaggi ( famosi o “privati” dell’autore), luoghi visitati , definizioni , sentimenti , oggetti , pensieri .
Una sola regola : tutte le persone citate sono defunte.
Una rappresentazione del 900 filtrata attraverso le personali esperienze , grandi o piccole , dell’autore .
Pagine in cui si confrontano e si scontrano l’intero 900 ( terribile o progressivo a seconda dei punti di vista ) e la vita di Milosz medesimo .
Una specie di raccolta , spettacolarmente disorganica e disorganizzata, di racconti del nonno davanti al famoso ed immancabile caminetto , una specie di passaggio di consegne a generazioni successive , una testimonianza leggera ed abbordabile di quello che e’ il passato .
La scelta dei temi e dei protagonisti appare così varia , variegata e variopinta da sembrare quasi bizzarra .
Si va da personaggi di primo livello ( Baudelaire Camus, Rimbaud,) a donne e uomini della propria vita personale , da luoghi universalmente conosciuti ( Barkeley, America , Martinica , Francia ) a luoghi che appare strano vedere citati in un libro di un poeta polacco ( Bocca di Magra, Aosta, Bend) , passando attraverso l’odio , la paura , i doveri , l’economia , la biologia , la natura .
Un episodio fra tutti .
Straordinaria la lapidaria cattiveria con cui viene liquidata Simone de Beauvoir, accusata di aver partecipato all’attività denigratoria nei confronti di Camus.
Milosz conclude senza mezzi termini la sua dissertazione sull’intellettuale francese definendola una cretina.